sabato 16 giugno 2012


Omaggio dei Milazzesi a TOTO' MILAZZO in vista dell'80° anniversario della conquista del Nastro Azzurro 

«Dopo Caio Duilio e Luigi Rizzo toccò a Totò Milazzo scolpire indelebilmente, per l’ennesima volta, il nome della città di Milazzo nella storia della marineria italiana: la conquista del Nastro Azzurro da parte del Rex rappresenta ancor oggi uno dei momenti più alti della tradizione marinara italiana».

(estratto dal volume in corso di pubblicazione intitolato «Storia della marineria milazzese» a cura di MASSIMO TRICAMO e GIROLAMO FUDULI)

Foto e materiale d'archivio gentilmente concessi dalla nipote sig.ra MARINA RAPISARDA, Genova.

A bordo dei transatlantici trascorse l’intera sua carriera il capitano direttore di macchina Salvatore «Totò» Milazzo (1896-1980), nato e cresciuto a Vaccarella, dove il padre, il navigante Angelo Milazzo (1862-1933), tornò definitivamente dopo aver «battuto per lunghi anni le vie del mare», quelle vie che «portarono lontano il suo corpo ma non il cuore dalla sposa e dal figlio», così si legge al Cimitero di Milazzo tra le iscrizioni sepolcrali poste all’esterno dell’antica cappella della Società Marittima, dove fa bella mostra di sé la foto di questo infaticabile marinaio dell’Ottocento, i cui folti baffoni evidenziano un piglio fiero e deciso.
Pochissime le informazioni pervenuteci sul padre di Totò, il quale con tutta probabilità era quell’Angelo Milazzo che a fine Ottocento figurava tra i membri dell’equipaggio del trealberi La Famiglia, il veliero affidato al comando del capitano milazzese Francesco Alioto ed acquistato di seconda mano a Genova dagli armatori Piraino e Lopresti, proprietari del mulino a vapore sorto nel 1879 dirimpetto alle banchine portuali.
Nato dal matrimonio di Salvatore con Maria Santangelo, Angelo avrebbe sposato Giovanna Piraino, esponente di un’altra famiglia di marinai avvezzi alle lunghe navigazioni. A ragione dunque nell’iscrizione sepolcrale del capitano di macchina Totò Milazzo si legge che questi aveva «solcato gli oceani come il padre ed i nonni».
Formatosi a Palermo presso quell’Istituto Nautico, Totò andò avanti con gli studi facendo la spola tra il capoluogo dell’Isola e la sua abitazione sita nel lungomare di Vaccarella, dove nel periodo estivo per sfuggire al caldo delle mura domestiche ripassava le materie nautiche sulla spiaggia, adagiandosi lungo le fiancate delle variopinte barche dei pescatori per ripararsi dal sole. Diplomatosi nella sessione estiva del 1915, superando l’esame prescritto per gli «aspiranti al grado di macchinista navale in primo», nell’ottobre di quello stesso anno iniziò a Genova la sua lunga carriera con la qualifica di “allievo macchinista” a bordo del piroscafo Stromboli della Navigazione Generale Italiana (diretto a Norfolk nel Nord America ed affidato al comando del cap. Calcagno), imbarco seguito di lì a poco da quello sul Vulcano della stessa 

Il capitano direttore di macchina Salvatore «Totò» Milazzo (1896-1980).

Totò Milazzo intorno al 1909, ai tempi del collegio a Palermo, e, a destra, nel marzo 1917 (per gentile concessione della nipote sig.ra Marina Rapisarda, Genova).

Il capitano di macchina Totò Milazzo a bordo insieme ad un collega negli anni Cinquanta.

Prima pagina del «Giornale di Macchina» compilato da Totò Milazzo nel 1917 a bordo della R. Nave Sardegna (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda).

 A bordo del cacciatorpediniere A. Bassini, 21 giugno 1920.


Conferimento nel 1920 all’ufficiale di macchina milazzese del «grado di macchinista in primo nella Marineria Mercantile in seguito ad esame sostenuto nella sessione estiva dell’anno 1915 presso l’Istituto Nautico di Palermo» (archivio privato Famiglia Rapisarda, Genova).


NGI. Le sue prime esperienze marinare si registrarono però nell’estate 1913 a bordo dell’Eolo, un piccolo piroscafo che faceva la spola tra Milazzo e le Eolie.
La sua attività lavorativa a bordo dei transatlantici NGI, dal 1932 inglobata dalla società “Italia Flotte Riunite” (diventata a sua volta nel 1937 “Italia Società Anonima di Navigazione”), venne interrotta nell’ottobre 1916 dal servizio militare in Marina, giunto proprio nel bel mezzo del primo conflitto mondiale. Arruolato con la qualifica di marinaio, nel febbraio 1918 era stato già nominato “sottotenente macchinista di complemento”: venne imbarcato, tra l’altro, sulla nave da battaglia Ammiraglio di Saint Bon, sul modernissimo cacciatorpediniere Angelo Bassini e sulla Sardegna, a bordo della quale nel maggio 1917 compilò un dettagliato “Giornale di Macchina” al fine di superare il “corso pratico di aspirante”: tale documento è oggi gelosamente custodito, assieme ai suoi ricordi più cari, dalla nipote Marina Rapisarda, che da Genova ci ha gentilmente inviato le carte d’archivio necessarie ai fini della redazione del presente profilo biografico.
Conseguito in data 29 maggio 1920 l’attestato di «macchinista in primo nella Marina Mercantile» - cui sarebbe seguito nel 1927 il titolo di “macchinista per motonavi” rilasciato dalla Regia Scuola d’Ingegneria Navale di Genova - due mesi dopo avrebbe ripreso la navigazione a bordo dei grandi transatlantici della NGI diretti nelle Americhe (piroscafi America e Vesuvio), per poi prestare servizio lungo la rotta Genova - Buenos Aires sul Duca degli Abruzzi agli ordini del comandante Simone Gulì (1921), sul Duca d’Aosta (1922, cap. Salvadori) e sul Re Vittorio (1922, cap. Isnardi).
A bordo del Duca d’Aosta sarebbe tornato tra il gennaio 1923 ed il febbraio 1925, quando i viaggi verso l’Argentina furono sospesi per eseguire, in seguito al cosiddetto Eccidio di Janina,  il trasporto di cavalli, truppe e munizioni dal porto di Napoli all’isola di Corfù, un viaggio eseguito nei primi giorni del settembre 1923 - agli ordini del comandante Re - insieme ad un altro milazzese, il già citato secondo macchinista Stefano Vitale. Alcune foto scattate da Totò immortalano alcuni momenti di quel delicato trasporto, come quelli piuttosto curiosi relativi all’imbarco dei cavalli nel porto partenopeo (1 settembre 1923): imbracati ad uno ad uno e sospesi in aria come comuni mercanzie, i quadrupedi, in seguito allo sbarco dal transatlantico il successivo 4 settembre, sarebbero stati trasportati a terra sino alla spiaggia di Corfù per mezzo di una barcaccia tirata da un’imbarcazione a vapore.
Di lì a poco Totò, imbarcato dall’ottobre 1920 sino a tutto il 1924 sempre con la qualifica di terzo macchinista, ebbe modo di apprezzare le doti del cap. Francesco Tarabotto, il leggendario comandante del Rex, cui venne affidato nel 1926 il comando del transatlantico Napoli, su cui nella primavera di quell’anno venne imbarcato proprio il Nostro, ma con la nuova qualifica di



Duca d’Aosta, durante l'imbarco dei cavalli a Napoli l’1 settembre 1923 (Eccidio di Janina).

Totò Milazzo, allora secondo macchinista, in un articolo apparso sul Giornale d’Italia del 4 gennaio 1928. Viene segnalato dalla freccia tra gli ufficiali dell’equipaggio del «grandioso» transatlantico Giulio Cesare della Navigazione Generale Italiana, ormeggiato nel porto di Buenos Aires (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).

Il transatlantico Giulio Cesare in una fotografia proveniente dall’archivio del capitano di macchina Stefano Vitale (gentile concessione dott.ssa Stefania Vitale, Varese).

secondo macchinista che avrebbe conservato sino all’immediato secondo dopoguerra. Col Napoli l’energico macchinista di Milazzo ebbe modo di affrontare la rotta per lui insolita Genova - Valparaiso (Cile), navigando così anche nelle acque del Pacifico.
La spola tra il capoluogo ligure ed il Cile sarebbe durata sino al 1927, quando Milazzo venne destinato al Giulio Cesare (com.te Isnardi), prima, ed all’Augustus (comandanti Tarabotto e Ferdinando Pesce), dopo, tornando così alla rotta che metteva in comunicazione l’Italia con l’Argentina ed intensificando i viaggi tra Genova e New York. A bordo del Giulio Cesare ormeggiato nel porto di Buenos Aires venne immortalato in una fotografia che lo raffigurava insieme agli altri ufficiali dell’equipaggio e che sarebbe stata poi pubblicata sul “Giornale d’Italia” del 4 gennaio 1928. Qualche mese prima aveva inoltre partecipato, proprio su questo transatlantico, alla messa celebrata in suffragio delle vittime del naufragio del Principessa Malfalda, nefasto avvenimento che gettò non poche ombre sull’efficienza dei giganti del mare italiani.
A far risorgere trionfalmente la marineria italiana avrebbe contribuito proprio il Nostro, imbarcato il 19 gennaio 1933 sul leggendario Rex, il transatlantico destinato a conquistare tra l’11 ed il 15 agosto di quell’anno il prestigioso “Nastro Azzurro” (traversata atlantica Gibilterra-New York). La straordinaria impresa, recante la firma del comandante Francesco Tarabotto e del direttore di macchina Luigi Risso, valse al secondo macchinista di Milazzo il titolo di «Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia», incrementando così le onorificenze a lui concesse, tra le quali spiccano quella di cavaliere di Vittorio Veneto, la medaglia d’onore per lunga navigazione e due croci al merito di guerra, conquistate, rispettivamente, nella Marina Militare ed in quella Mercantile.
L’impresa a bordo del Rex rappresentò indubbiamente uno dei momenti più alti ed intensi della brillante carriera del capitano di macchina milazzese, di cui rimane una significativa fotografia scattatagli a bordo (il Rex aveva appena attraccato a New York reduce dalla trionfale traversata del Nastro Azzurro) dai fotografi che lo sorpresero in tuta nei locali della segreteria macchine mentre col direttore di macchina Risso stava calcolando i consumi del combustibile impiegato nella navigazione da record.
L’entusiasmante esperienza a bordo del Rex durò sino al novembre 1938, sempre lungo la rotta Genova-New York ed agli ordini del comandante Tarabotto, tranne una parentesi in cui il transatlantico venne affidato al cap. Giuseppe Ottino (1934-36), che Totò avrebbe incontrato nuovamente a bordo del Conte di Savoia nel 1939, anno in cui le sue navigazioni verso la Grande Mela s’interruppero a causa dell’entrata in guerra dell’Italia a sostegno della Germania nazista.


 Dell’impresa a bordo del Rex (foto in alto), che rappresentò indubbiamente uno dei momenti più alti ed intensi della brillante carriera di Totò Milazzo, rimane questa significativa fotografia scattatagli a bordo (il Rex aveva appena attraccato a New York reduce dalla trionfale traversata del Nastro Azzurro) dai fotografi che lo sorpresero in tuta nei locali della segreteria macchine mentre col direttore di macchina Luigi Risso stava calcolando i consumi del combustibile impiegato nella navigazione da record (archivio Fam. Rapisarda, Genova).

La straordinaria impresa del Nastro Azzurro, recante la firma del comandante Francesco Tarabotto e del direttore di macchina Luigi Risso, valse al secondo macchinista milazzese del Rex il titolo di «Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia» (archivio Rapisarda, Genova).

 Il primo libretto di matricolazione di Totò Milazzo: la pagina che attesta la sua partecipazione all'impresa del Nastro Azzurro.




Dopo Caio Duilio e Luigi Rizzo toccò a Totò Milazzo scolpire indelebilmente, per l’ennesima volta, il nome di Milazzo nella storia della marineria italiana: la conquista del Nastro Azzurro da parte del Rex rappresenta ancor oggi uno dei momenti più alti della tradizione marinara italiana. In questa foto, scattata nell’agosto 1933, Totò Milazzo ha voluto immortalare la prora del Rex durante la straordinaria traversata che valse al transatlantico italiano la conquista del Nastro Azzurro (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).

 Libricino ricordo del Nastro Azzurro


Due foto-ricordo custodite da Totò Milazzo. Quella in basso raffigura una conferenza tenuta negli anni Trenta dallo stesso Totò Milazzo a bordo del Rex ed innanzi all’equipaggio del transatlantico (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).

 Lo «Stato Maggiore del Rex alla conquista del Nastro Azzurro»: Totò Milazzo è il terzo da destra in seconda fila.

Richiamato per «esigenze militari di carattere eccezionale», il secondo macchinista milazzese fu imbarcato la vigilia di Natale del 1939 a bordo della Gianna M., petroliera ormeggiata nel porto di Las Palmas (Canarie) e requisita alla società “Citom”. Sulla petroliera il «cap. G. N. (D. M.) di complemento» Salvatore Milazzo ricopriva l’incarico di “commissario regio” agli ordini del comandante cap. Giuseppe Pozzo.
Tinteggiata di grigio scuro la Gianna M., insieme agli altri membri dell’equipaggio il Nostro immagazzinò «nelle sentine del locale pompe» l’esplosivo (fornito dalle truppe spagnole) che avrebbe dovuto provocare, previo sbarco dell’intero equipaggio, l’autoaffondamento della petroliera, qualora la stessa fosse caduta in mani nemiche.
Tale estrema ipotesi si materializzò nel momento in cui la petroliera, in navigazione verso Bordeaux e dopo una violenta tempesta che aveva messo fuori uso le lance di salvataggio, venne avvistata da un’unità navale della Marina Britannica. L’impossibilità di poter mettere in salvo l’equipaggio, proprio a causa dei danni subiti dalle lance di salvataggio, sconsigliò però, almeno in un primo tempo, l’autoaffondamento della Gianna M., che cadde comunque in mani nemiche. Totò Milazzo fu l’unico membro dell’equipaggio ad essere catturato dagli inglesi, che dunque decisero di risparmiare gli altri. Immediatamente trasferito a Londra, venne interrogato da ufficiali che dimostrarono una perfetta padronanza della lingua italiana, chiedendogli soprattutto quali fossero i legami che lo legavano all’eroico comandante messinese Salvatore Todaro (1908-1942, medaglia d’oro alla memoria), il quale si era rifugiato col suo sommergibile a Las Palmas dopo aver affondato un’unità navale di Sua Maestà britannica. In quell’occasione il capitano di macchina milazzese, pur tacendo particolari che avrebbero potuto mettere a repentaglio la difesa italiana, non nascose l’amicizia col Todaro, affermando anzi con un pizzico d’orgoglio che lui a Las Palmas era «l’unica persona che avrebbe potuto tenere compagnia» al comandante messinese.
Trasferito in due campi di concentramento siti nella capitale inglese, dal dicembre 1942 avrebbe proseguito la prigionia in altrettanti campi di concentramento degli Stati Uniti d’America, tuttavia senza mai lamentare, sia da parte inglese che americana, violazioni alla Convenzione di Ginevra. In seguito all’armistizio divenne collaboratore degli Alleati, che lo impiegarono soprattutto, grazie alla sua ottima conoscenza dell’inglese e dello spagnolo, quale interprete nei colloqui tanto con cittadini italiani quanto di lingua spagnola.
Nel giugno del 1945 gli venne affidata la direzione di una “floating power plant”, un’unità navale che avrebbe dovuto essere inviata in Italia dove, a causa dei danni provocati dal conflitto bellico, si registrava una notevole penuria di energia elettrica. Il complesso sviluppava una potenza di 33.000 


Totò Milazzo al lavoro sul Rex nel 1938 (archivio privato Famiglia Rapisarda, Genova).

Trafiletto apparso nel 1933 sulla «Gazzetta di Messina e delle Calabrie» (archivio privato Famiglia Rapisarda, Genova).

A bordo del Rex nel 1933: quinto da destra in seconda fila (archivio privato Famiglia Rapisarda, Genova).


 Ritaglio di Totò Milazzo di un articolo apparso il 29 agosto 1933.


1933 - Il Rex nel porto di Napoli di ritorno dopo la conquista del Nastro Azzurro. Il ministro della Marina Mercantile Ciano parla all'equipaggio. 


  Rex, 1936 - Celebrazione del 28 ottobre 1922 (Marcia su Roma).



Tra gli ufficiali dell’equipaggio dell’Augustus negli anni Cinquanta. Totò Milazzo è visibile nella terza fila dall’alto, seduto al centro (archivio privato Famiglia Rapisarda, Genova).


Due belle immagini custodite gelosamente dal capitano direttore di macchina Totò Milazzo: sopra, una suggestiva fotografia del Conte Grande scattata a bordo dell’Augustus il 28 maggio 1956 nell’oceano Atlantico, lungo la «rotta del Sud». In basso, un particolare delle viscere dell’Augustus, dove il capitano di macchina milazzese trascorreva inevitabilmente gran parte del proprio tempo a bordo (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova). Salvatore Milazzo fu capitano di macchina sia del Conte Grande che dell’Augustus.

 L’equipaggio dell’Augustus negli anni Cinquanta.



Galanterie a bordo dell’Augustus, «classe di lusso», il 27 maggio 1956, «al ritorno del 37° viaggio»: il baciamano di Totò Milazzo, allora capitano di macchina del transatlantico (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).


Insieme agli alti ufficiali dell’Augustus negli anni Cinquanta: Totò Milazzo è il quarto da sinistra (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).


Kw. Per la sua gestione Totò reclutò 32 membri dell’equipaggio, ma la sua frenetica attività venne bruscamente interrotta dalla notifica di un ordine di sospensione. Tornato così a fare l’interprete, sarebbe rimasto negli Usa sino all’11 ottobre del 1945, data in cui terminò la lunga prigionia iniziata nel maggio 1941.
Riprese così le navigazioni transoceaniche a bordo del Principessa Giovanna, ribattezzato S. Giorgio (capitani Pietro Passano, Mario Porro e Biagini) e diretto nell’immediato dopoguerra a Porto Said ed in Argentina, e del piroscafo Alcione (cap. Giurini), destinato all’America del Nord.
Divenuto nel frattempo primo macchinista, dal maggio al dicembre 1950 venne finalmente imbarcato col grado di capitano di macchina a bordo del Conte Biancamano (cap. Luigi Gulinelli), incarico che avrebbe ricoperto anche a bordo del Conte Grande (1952/54, capitani Pietro Passano e Achille Danè) e dell’Augustus (1955/56, cap. Achille Danè), dove avrebbe eseguito la sua ultima navigazione transoceanica. Tali incarichi, tutti ricoperti lungo la rotta Genova-Buonos Aires, furono alternati a quelli di primo macchinista a bordo del Marco Polo (1951 e 1953, capitani Mario Gladulich e Spadaccini), col quale tornò nuovamente a Valparaiso, e del modernissimo Andrea Doria, a bordo del quale tra il marzo ed il maggio 1954 raggiunse New York agli ordini del comandante Pietro Calamai, sfortunato protagonista, due anni dopo, di quello che ancora oggi viene considerato uno dei più famosi e controversi disastri marittimi della storia: l’Andrea Doria, scontratasi con la nave svedese Stockholm della Swedish America Line, si sarebbe infatti inabissata al largo della costa nordamericana di Nantucket.
Fin qui la vita avventurosa, la brillante carriera al servizio dei giganti del mare della società “Italia” di questo illustre figlio di Vaccarella fattosi da sé, emerso esclusivamente con le proprie forze, senza alcun ricorso a quelle spinterelle influenti che - presenti allora come oggi - avrebbero potuto coronare il suo sogno giovanile mai realizzatosi: l’accesso alla prestigiosa Accademia Navale di Livorno.
Una vita condita dall’amore per le arti - egli stesso si dilettava a comporre qualche strofa e qualche canzonetta - e da un eloquio forbito, che ne faceva un apprezzato conferenziere, come quando a bordo del Rex, qualche mese dopo la conquista dell’Etiopia, non mancò di lodare innanzi all’intero equipaggio i temi cari al Regime (lavoro, famiglia, Patria), mettendo in risalto la figura dell’eroico suo concittadino Luigi Rizzo, «fulgido esempio d’inaudito valore e gloria di nostra razza, che al primo appello dalla Patria, da una lontana sponda di un lontano paese, si slanciò per dare il suo braccio ed il suo cuore di marinaio, rivendicando con intrepido coraggio i morti di Lissa».
Tra le carte messe a disposizione dall’affezionata nipote Marina emergono in particolare alcune strofette di argomento marinaro scritte a bordo dei diversi 


Agosto 1950, nelle viscere del Conte Biancamano. Nella foto in alto, Totò Milazzo, capitano di macchina del transatlantico, ordina di dare un pò d'olio alle pompe. In basso, ordina di manovrare «indietro adagio» all’operatore di sinistra, «avanti adagio» a quello di destra e di «aprire piano piano» a quello posto al centro (gentile concessione sig.ra Marina Rapisarda, Genova).




Altre due foto scattate a bordo del Conte Biancamano nell’agosto 1950 ritraggono gli operatori mentre eseguono gli ordini perentori del capitano di macchina milazzese.



Il piano-alloggi del Conte Biancamano ancora di proprietà del Lloyd Sabaudo.


Totò Milazzo nella sala macchina del Conte di Savoia negli anni ’50.


La prua del Conte Biancamano negli Stati Uniti d’America il 25 giugno 1950, quando a bordo del transatlantico figurava quale capitano di macchina il milazzese Totò Milazzo.  


A fianco, una foto ricordo di Totò Milazzo con il celebre attore Cary Grant negli anni Cinquanta (gentile concessione famiglia Rapisarda, Genova).

Cantieri navali di Genova Sestri Ponente, 1960: l’ing Enzo Rapisarda (1926-2008), in mezzo, fotografato davanti alla ciminiera della Leonardo da Vinci in costruzione. Catanese di nascita ma milazzese d’adozione, Enzo Rapisarda, genero di Totò Milazzo nonché apprezzato ingegnere navalmeccanico, venne assunto alle dipendenze dell’Ansaldo nel 1957: il suo primo incarico di rilievo si registrò proprio alla fine degli anni Cinquanta, quando partecipò nei cantieri navali di Genova Sestri Ponente alla progettazione ed alla successiva messa a punto della ciminiera del maestoso transatlantico Leonardo da Vinci, varato dalla società “Italia” per rimpiazzare il naufragato Andrea Doria.



transatlantici, come quelle in dialetto siciliano composte sul Conte di Savoia nel 1939 per ricordare un naufragio ed intitolate Cori di Matri:

O genti, o genti, ca scappati tutti
sarvatimi st’armuzza mia ‘nnuncenti
purtatimilla ‘ntra sti scogghi asciutti
quantu sta matri sua nun viri nenti

Affunda lu vapuri e l’ossa rutti
dannu la morti a tanti pinitenti
Signuri beddu, pirdunati a tutti
tinitici a lu summu cu li denti

Matri da Littra, Matri mia Rigina!
Nuddu mi sarva st’anciulu duratu!
Lassatimi ca spezzu sta catina

Datimi forza vui, datimi ciatu
lassatimi ca ghicu a la banchina
cu stu curuzzu miu lazzariatu.

Strofe strazianti, ma a volte anche divertenti. E’ il caso di quelle composte nel 1929 in occasione del pranzo offerto dal commissario di bordo Giacalone sulla motonave Augustus, strofe di cui riportiamo le rime conclusive: «ora co ditto tuttu lu rusariu/ isativi picciotti assemi a mia/ a la saluti di lu cummissariu/ biviti tutti - evviva l’alligria!»
L’ultima navigazione transoceanica di Totò Milazzo nel 1956 non fu un addio al mare, ma soltanto un arrivederci. Caratterizzato da un temperamento energico non poteva infatti restare con le mani in mano e così, da pensionato, si dedicò a tempo pieno alla Società Nazionale di Salvamento, fondata a Genova nel lontano 1871 e di cui venne eletto presidente.
L’esperto capitano di macchina milazzese sarebbe morto nel 1980 a Genova, dove si era trasferito diversi decenni prima, portando ovunque nel cuore, anche al di là degli oceani, la sua Milazzo, dove periodicamente tornava per riabbracciare i parenti. Non a caso le sue spoglie riposano oggi nel Cimitero di Milazzo, in una di quelle cappelle che i naviganti milazzesi di fine Ottocento, riunitisi in società di mutuo soccorso, deliberarono di far innalzare per custodire perennemente i propri resti accanto a questa significativa iscrizione marmorea: «La voce degli Oceani/ eco della Parola di Dio/ suscita/ nel cuor dei naviganti/ irrevocabili le fedi». La sua scomparsa lasciò un vuoto incolmabile nella figlia, nei nipoti e nel genero Enzo Rapisarda (1926-2008), catanese di nascita ma milazzese d’adozione, elegante figura di gentiluomo nonché apprezzato ingegnere navalmeccanico, assunto alle




In questa e nella pagina successiva l’ironico e delizioso menu illustrato del pranzo offerto a bordo dell’Augustus (com.te Achille Danè) a Totò Milazzo in occasione del suo sessantesimo compleanno (29 maggio 1956). Il menu riporta anche le denominazioni delle unità navali su cui fu imbarcato il capitano direttore di macchina milazzese: appaiono però erroneamente la Vespucci ed il piroscafo Equatore. L’elenco delle pietanze è condito con alcuni omaggi alla città natale del Milazzo, come i «pomodori del Capo» o il «caviale della Grotta Polifemo».



dipendenze dell’Ansaldo nel 1957: il suo primo incarico di rilievo si registrò proprio alla fine degli anni Cinquanta, quando partecipò nei cantieri navali di Genova Sestri Ponente alla progettazione ed alla successiva messa a punto della ciminiera del maestoso transatlantico Leonardo da Vinci, varato dalla società “Italia” per rimpiazzare il naufragato Andrea Doria.